Secondo Ethnologue, un’organizzazione internazionale di ricerca linguistica, le lingue parlate nel mondo sono circa 7.000. Tra queste, il giapponese è una delle più difficili da imparare. Questo articolo introdurrà il lettore alla lingua, fondamentale per comprendere la cultura giapponese.
Le origini della lingua giapponese
Ci sono molte teorie al riguardo, ma le origini della lingua sono tutt’altro che chiare.
Nella linguistica comparativa, le lingue che si suppone abbiano le stesse radici sono raggruppate in “famiglie linguistiche”. L’italiano, per esempio, fa parte delle lingue romanze, appartenente al ramo italico della famiglia delle lingue indoeuropee.
Per quanto riguarda la lingua giapponese, si dice che sia imparentata con l’antica lingua Tamil e che abbia somiglianze con le lingue dell’Asia del nord, come il coreano e il mongolo, ma finora non è stata scoperta alcuna lingua della stessa origine. Per questo motivo si dice che sia una “lingua isolata”.
La storia del giapponese scritto ha avuto inizio nel periodo Nara (710-794 d.C.). Prima di allora, il Giappone non aveva una propria scrittura, quindi la lingua giapponese era trascritta solo con gli ideogrammi importati dalla Cina continentale. Il Manyo-gana, in cui si usò la fonetica dei caratteri cinesi per trascrivere il giapponese, ne è un tipico esempio. Nel periodo Heian (794-1185 d.C.), fiorì la cultura nazionale unica del Giappone, e lo hiragana e il katakana furono creati traendo spunto dal Manyo-gana. Ad oggi i giapponesi usano ancora questi tre sistemi di scrittura insieme.
Caratteristiche della lingua giapponese
Come menzionato sopra, la lingua giapponese ha tre sistemi di scrittura – kanji (ideogrammi), hiragana e katakana – e probabilmente non c’è nessun’altra lingua che ne usi così tanti. Questo è probabilmente uno dei motivi principali per cui molti stranieri hanno difficoltà ad apprendere il giapponese.
Il sistema di scrittura di base è lo hiragana. Ci sono 50 caratteri in totale, e si usano quando è difficile o impossibile scrivere in kanji. Il katakana, come lo hiragana, ha 50 caratteri e differisce dallo hiragana in quanto è generalmente usato per nomi di stranieri e oggetti di origine straniera.
Mentre hiragana e katakana presentano caratteri che rappresentano suoni, i kanji sono caratterizzati dal fatto che ogni carattere ha il proprio suono e significato. Dato che ci sono più informazioni in un kanji che in un segno hiragana e katakana, il numero di caratteri può essere ridotto usando i kanji, rendendo l’intero testo più rapido da leggere. Grazie all’uso di questi caratteri, la lingua giapponese è diventata più libera ed espressiva.
Inoltre, la lingua giapponese è unica in quanto presenta espressioni onorifiche, una varietà di dialetti, un ricco vocabolario per esprimere il tempo e le stagioni, e un grande numero di onomatopee (che, nel caso del giapponese, riproducono sia suoni che gesti). Per esempio, potrebbe sorprendere sapere che ci sono più di 400 parole diverse per indicare la pioggia. Questa diversità è alla base sia della difficoltà che del fascino della lingua giapponese.
Espressioni che esistono solo in giapponese
La sensibilità della lingua giapponese ha prodotto espressioni difficili da tradurre in lingue straniere. Ecco alcuni esempi fra i più comuni.
Wabi-Sabi
Un’espressione del senso estetico, unico alla sensibilità giapponese. Rappresenta l’imperfetto, l’incompiuto, il decadente e il desiderio di trovare bellezza e ispirazione nella semplicità e tranquillità. Questo concetto di “wabi-sabi” ha avuto una grande influenza sulla cultura e lo stile estetico giapponesi, come i giardini, la cerimonia del tè, le arti e i mestieri.
Mottainai
Mottainai è una parola che esiste fin dai tempi più remoti e si riferisce allo spirito di avere cura degli oggetti e non sprecarli. La parola "Mottainai" è usata anche oltreoceano nel contesto della sostenibilità, per prendersi cura delle risorse limitate della terra.
Varie forme di prima persona singolare
Il giapponese ha un grande numero di espressioni per indicare la prima persona singolare. In italiano si usa “io” ma in giapponese si usa “watashi”, “watakushi”, “washi”, “boku”, “ore”, “uchi”, “jibun” e così via, a seconda della gerarchia, classe sociale, sesso, età e condizione psicologica.
Setsunai
Indica la sensazione di una stretta al petto. È un’espressione difficile da tradurre in altre lingue perché contiene in una sola parola le sfumature della tristezza, la mancanza di qualcuno e solitudine.
La lingua giapponese, con la sua sensibilità unica, proietta la delicatezza e il senso estetico del popolo giapponese. Conoscere la lingua consente di giungere a una comprensione più profonda della cultura giapponese.